sabato 11 febbraio 2012

Perchè un ashram deve gestire gli ospedali?

Discorso di Amma in ricordo dell’inaugurazione dell’ospedale multispecialistico AIMS, a Kochi nel Kerala,  nel 1998. 
(12 giugno 2000)

Carissimi figli,
Alcuni dei  figli di Amma potrebbero chiedersi: “ Che bisogno ha un ashram di far funzionare degli ospedali?” Figli, il Signore non si incarnò come Dhanvantara Moorthi? Perciò, ha dimostrato col suo stesso esempio che la medicina e le cure sono molto rilevanti. Anche gli shastra affermano che è importante sostenere il corpo. Ciò appare corretto anche quando si esamina la storia dei Mahatma vissuti fino ad ora. 

Sri Ramakrishna, Ramana Maharshi e Swami Vivekananda si sono sottoposti alle cure quando si sono ammalati. Non si sono astenuti dicendo: “ Io sono Brahman, non il corpo.”

Poiché è la natura del corpo quella di ammalarsi, è importante proteggerlo dandogli il trattamento necessario. E’ possibile accendere il fuoco solo se c’è legna da ardere. Allo stesso modo, per conoscere l’Atma è necessario conservare lo strumento. Pertanto gli ospedali e le cure non sono in contraddizione o incompatibili con la spiritualità. Aiutano a conservare il corpo che è un mezzo per conoscere il Sé.

Ci sono molti residenti dell’ashram che sono stati ispirati dall’incontro con Amma. Essi sono sia indiani che occidentali. Tra questi, ci sono dei medici. Vogliono stare con Amma. E Amma ha voluto dare loro l'opportunità di impegnarsi con servizio disinteressato nel mondo.
Quante persone ci sono che sono in grado di meditare 24 ore al giorno? Pochissime. E allora cosa farà la maggior parte delle persone dopo le prime ore iniziali di meditazione? Stando seduti inattivi, affiorano alla mente un sacco di pensieri indesiderati. Anche questi pensieri sono una forma di azione. Stando così le cose, facendo servizio con le mani e i piedi daranno beneficio a se stessi e al mondo.

Ci possono essere alcuni che dicono: "Vogliamo solo liberazione, non abbiamo bisogno di alcun trattamento. Se dovessimo morire per malattia, così sia." Amma dice che per ottenere la liberazione, ci vuole la grazia del Signore. Per ricevere la grazia bisogna avere la purezza mentale ed è perciò che è necessario il servizio disinteressato. Si diventa meritevoli di avere la grazia solo grazie alle azioni altruiste e disinteressate. Per compiere le azioni disinteressate c’è bisogno di un corpo. Per conservare il corpo è necessario sottoporsi a trattamenti medici in caso di malattia.
  
Jnana (la conoscenza) e bhakti (la devozione) sono due facce della stessa moneta. Ma il  nishkama karma (l’azione disinteressata) è il sigillo di questa moneta. Una moneta diventa preziosa solo se ha un sigillo. La devozione e l’azione sono le due ali di un uccello e la conoscenza ne è la coda. Solo se ci sono questi tre, si può volare in alto.

Nei tempi antichi, i discepoli che vivevano nei gurukula si impegnavano in attività di servizio. Non vedevano ciò solamente come azione, ma come servizio verso il loro Guru. Infatti, l'azione eseguita con dedizione per il Guru non è azione. Essa è vera e propria meditazione. Di solito si dice che un discepolo dovrebbe servire l'ashram considerandolo come il corpo del Guru. Perciò dovrebbe essere in grado di amare e servire il mondo intero vedendolo come il corpo del Guru. Questa è la vera meditazione. Il ricordo ininterrotto di questo principio è esso stesso meditazione.

Tutti conoscono la storia del discepolo che si sdraiò nella risaia del Guru per evitare che l'acqua entrasse nel campo attraverso una fessura nel crestone di protezione. Il discepolo non considerò il campo solamente come un campo. Egli era pronto a sacrificare la propria vita per proteggere il raccolto. Un’azione così non la si può chiamare solamente azione. E’ il momento in cui ci si dimentica di se stessi. E’ l’apice della meditazione.

Nei tempi antichi, erano i discepoli che facevano tutto il lavoro nelle gurukula. Andavano nel bosco a prendere la legna da ardere, si occupavano delle mucche. Per essi ogni azione era sadhana, non semplice azione. Per essi era meditazione e servizio al Guru.

Ci sono centinaia di figli istruiti e con esperienza che sono venuti ad unirsi all'ashram. Com’è possibile che tutti se ne stiano seduti a meditare tutto il tempo? È molto meglio impegnarsi in alcune attività che siano di beneficio al mondo, piuttosto che starsene seduti inattivi ad inquinare la mente con pensieri inutili. Ognuno può fare servizio secondo le proprie capacità continuando a recitare il japa mantra
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Ciò porterà beneficio a se stessi e al mondo. Darà la purezza mentale e grazie a ciò sarà possibile progredire vero la meta. Nessuno può raggiungere la meta senza impiegare un certo sforzo. Che si tratti di spiritualità o materialismo, lo sforzo è inevitabile. Concretizzerà lo sforzo e renderà dolce la Grazia di Dio. E’ l'atteggiamento altruista che ci rende meritevoli di ricevere la grazia di Dio.

Durante il servizio disinteressato, alcuni dei miei figli potrebbero temere, "Oh, con tutto questo lavoro non ho nemmeno un attimo per pensare al Signore. Ho perso tutto il mio tempo in queste attività. Sto sprecando la mia vita?” e così via. Figli, chi fa servizio disinteressato non ha bisogno di vagare ovunque alla ricerca di Dio. Il vero tempio di Dio è nel cuore di chi si è impegnato nel servizio disinteressato.

Ecco come sono sorte così tante istituzioni in questo ashram. Alcuni figli che avevano esperienza nel campo dell'istruzione si sono uniti qui. Hanno avviato istituzioni educative. Chi aveva studiato informatica ha avviato gli istituti di informatica. Chi aveva la laurea in ingegneria ha iniziato la costruzione degli edifici dell’ashram. E quando i figli che erano medici sono arrivati qui, l’ashram ha cominciato a gestire gli ospedali. Per loro queste attività non sono solo lavoro, ma parte della loro sadhana. Meditazione e servizio al Guru. Amma dice che persino il respiro di chi serve il mondo, dimenticando se stesso, è benefico da ogni punto di vista.

Alcuni Vedantin affermano che l’azione, attraverso il servizio al mondo, porta a nuove vasana (tendenze). È solo un argomento dei pigri. Nella Gita il Signore dice: "O Arjuna, nei tre mondi, non ho alcuna necessità di impegnarmi nell’azione. Eppure continuo ad impegnarsi nell’azione". L’azione senza attaccamento, con l’attitudine di  "Lui, non io, è egli che fa ed io sono semplicemente uno strumento" non lega nessuno. Porta solo alla liberazione. Ovunque nella Gita, viene attribuita la massima importanza allo sforzo personale.

Anche i Vedantin che dicono: "io sono Brahman, che bisogno ho di impegnarmi nell’azione?" si fanno curare quando si ammalano. Essi vogliono che i loro pasti siano pronti esattamente alle 12. Che i loro materassi siano pronti alle 10 di sera. Se tali servizi sono loro così necessari, perché non pensano che gli stessi servizi sono necessari anche al resto del mondo? Se si ha l'attitudine che tutto è il non duale Sé, allora non bisogna respingere nulla e accettare tutto.  L’assenza di desiderio è la vera misura della grandezza spirituale.

Altri dicono: "I Sannyasi dovrebbero ritirarsi sull'Himalaya." Figli, il servizio disinteressato al mondo è l'inizio dell’esplorazione di sé. Anche questo è un apice. Il nostro dovere verso Dio è la nostra compassione verso i poveri e i sofferenti. Il nostro obbligo più grande in questo mondo è di servire il nostro prossimo.

Dio non ha bisogno di nulla da parte nostra. E’ sempre completo. Il sole non ha bisogno della luce di una candela. Dio è il sostenitore di tutto il mondo. E’ l'incarnazione dell'amore e della compassione. Ci è possibile crescere solo se assimiliamo amore e compassione. Un sannyasi si sforza di amare senza attaccamento e di servire senza aspettative. Rinuncia al peso dell’egoismo per  abbracciare l’impegno di servire il mondo.

Solo amando e servendo l’intera creazione si diventa un recipiente idoneo per la Sua grazia.  E’ infruttuoso impegnarsi nella meditazione senza purificare la mente attraverso il servizio disinteressato, è come il versare del latte in un recipiente immondo. Ma spesso dimentichiamo questa verità. Dimentichiamo il nostro dovere di servire i sofferenti. Andiamo ai templi, facciamo la circumambulazione ripetendo i nomi del Signore; però allontaniamo gli invalidi che allungando la mano per un boccone di cibo. Figli, la vera adorazione al Signore è la compassione che offriamo ai sofferenti.

C’era una volta un uomo che aveva vagato in tutto il mondo alla ricerca di Dio. Il Signore non lo si poteva vedere da nessuna parte. Alla fine sedette esausto sotto un albero. Gli capitò di vedere marito e moglie passargli accanto in gioia perfetta. Vedendo la gioia sui loro volti, volle capire dove stessero andando. Seguendoli arrivò ad una colonia di lebbrosi. La coppia pulì le ferite dei lebbrosi e vi applicò le medicine. Servirono il cibo che avevano portato.
Li consolarono con parole amorevoli. Assistendo a tutto ciò l’uomo che era alla ricerca di Dio, non potè contenere la propria gioia e cominciò a gridare: "Ho visto Dio! Ho visto Dio!" Sentendolo, gli altri pensarono che fosse pazzo. "Dov'è il Dio che hai visto?" gli chiesero. L'uomo rispose: "Dove c'è la compassione, lì c’è Dio. Dio dimora nei cuori dei compassionevoli.”

Figli, consolare i sofferenti è una sadhana maggiore della meditazione. La meditazione è preziosa quanto l’oro. Tuttavia, se si ha la compassione per il prossimo, è come se l’oro avesse il profumo. Il suo valore e la sua grandezza vanno al di là di ogni parola. Perciò, figli miei, andate in mezzo ai sofferenti e al dolore. 
Inoltre, anche mentre li state servendo, offrite loro anche del buon samskaras. Non è sufficiente dare del buon cibo a chi ha fame. Anche quando la fame viene placata, dopo qualche tempo, ci si sentirà nuovamente affamati. Perciò, dovrebbero essere trasmessi anche i principi spirituali. Far comprendere la natura del mondo è lo scopo della vita umana. Così facendo, in tutte le circostanze essi impareranno a condurre la loro vita nella felicità e nella contentezza. Solo allora il vostro servizio sarà diventato completo.

Oggigiorno, ognuno è interessato a guardare chi è in una posizione più elevata rispetto alla propria.  Tuttavia si resta indifferenti per la situazione di coloro che sono meno fortunati. Amma si ricorda una storia: c'era una volta una donna che lavorava come cameriera nella casa di un uomo ricco. Lei era vedova e la sua unica figlia era handicappata. La donna portava la propria figlia con sé quando andava a lavorare. Anche il ricco signore aveva una figlia.

Questa ragazza amava molto la figlia della domestica. Le faceva amorevolmente la doccia, le raccontava delle belle storie e le offriva deliziosi spuntini. A suo padre questo non piaceva affatto e ogni giorno la rimproverava: "Figlia, non devi giocare con quella ragazza sporca e handicappata. Perché passi tanto tempo con lei?” La ragazza non rispondeva. 
Il padre pensò che la ragazza non avesse altri compagni di gioco e per questo motivo si mischiava con la figlia della domestica. Portò allora a casa la figlia di un suo amico. Sua figlia diede il benvenuto alla bambina e fu molto cordiale con lei. Tuttavia continuò a trascorrere molto tempo con la figlia della domestica, facendole la doccia amorevolmente proprio come prima. Allora il padre le chiese:"Figlia, non ti piace l’amica che ti ho portato?" La ragazza rispose: "Mi piace la ragazza che mi hai portato, e ci sono molti altri pronti ad amarla. Invece se io non amo questa, chi altri le vorrà bene? Non ha altri parenti."

Figli, questo dovrebbe essere l'atteggiamento da avere. Dovremmo amare i poveri e i sofferenti con tutto il cuore. Dovremmo elevarli, scendendo al loro livello. Questo è il nostro dovere verso Dio.

Alcuni di voi si potrebbero domandare: "Se il servizio disinteressato è così grande, che bisogno c’è di meditare e fare tapas (austerità)?" Figli, se l’uomo comune è come un palo della luce, un tapasvi è come un trasformatore. Per mezzo della tapas si può acquisire un potere immenso. È come il risparmio di energia, la costruzione di una diga su un fiume con nove affluenti. Tuttavia, bisognerebbe essere pronti a dedicare anche la forza acquisita con la tapas per il bene del mondo. Bisogna essere disposti a sacrificare tutto, come un bastoncino di incenso che diffonde la sua fragranza nel mondo mentre si consuma. La Grazia di Dio fluisce sicuramente in un cuore così grande.

Figli, dovremmo coltivare un cuore pieno di compassione. Dovremmo avere il forte desiderio di servire chi soffre. In ogni circostanza, dovremmo avere la disponibilità di impegnarci nel servizio per il bene del mondo.
Molte persone meditano affinché si apra il terzo occhio dopo aver chiuso i due occhi che vedono il mondo. Non accadrà mai una cosa del genere. Non si può chiudere gli occhi al mondo in nome della spiritualità. La realizzazione del Sé è la capacità di vedere se stessi in tutti gli esseri, anche quando i nostri due occhi sono spalancati. Dovremmo essere in grado di amare e servire gli altri, vedendo in loro se stessi. 
E’ questo l’adempimento della pratica spirituale.