lunedì 28 novembre 2011

Il re e il falco


Genghis Khan, era sovrano di un vasto impero, ma non riusciva a controllare il proprio temperamento.

Una mattina d’estate, il grande condottiero partì per una battuta di caccia con la sua corte. Gengis Khan era un abile cacciatore, ed era abilmente assistito dal suo falco preferito. Alla semplice parola del suo maestro il falco si alzava alto nel cielo per scrutare il terreno sottostante alla ricerca di prede. Alla vista di un cervo o di un coniglio, si fiondava giù a velocità sorprendente. 

Quel giorno, la fortuna sembrava essere dalla parte di Gengis Khan. La caccia fu eccellente e tutti si erano divertiti. Prima del tramonto, il gruppo si riunì per avviarsi insieme sulla via del ritorno. Scelsero la strada più corta per tornare al palazzo. Solo Gengis Khan decise di fare un’altra strada. Persino il suo falco se ne volò via, ma Gengis Khan sapeva avrebbe saputo ritrovare la via del ritorno.

Assetato e stanco cavalcò lungo un sentiero che portava a una sorgente, ma raggiunto il punto dove doveva essere la sorgente scoprì che era in secca. Continuò a cavalcare e vide delle gocce d’acqua grondare da una roccia. Smontò dal suo destriero, tirò fuori dalla bisaccia un piccolo calice d’argento e cominciò a riempirlo sotto le gocce.  

Malgrado Gengis Khan avesse davvero sete e fosse molto impaziente, riuscì a tenere il calice fino a quando fu completamente pieno. Proprio mentre stava portandolo alle labbra, sentì il sibilo del suo falco che con uno slancio colpì il calice rovesciando tutta l’acqua a terra.

Gengis Khan s’infuriò, ma quello era il suo animale preferito, forse anche lui aveva una gran sete oppure stava giocando. Così raccolse il calice, lo ripulì dal terriccio e lo riempì di nuovo. Intanto il falco volteggiava nell’aria. Quando fu mezzo pieno, il falco scagliò un altro attacco, facendo rovesciare il liquido.
Gengis Khan adorava quell’animale, ma sapeva di non poter permettere che gli mancasse di rispetto, in nessuna circostanza.

Allora sguainò la spada che portava alla cintura, afferrò il calice e ricominciò a riempirlo, con un occhio all’acqua e l’altro al falco. Quando l’acqua raggiunse quasi l’orlo del bicchiere, il falco si levò in volo e puntò su di lui. Con un colpo secco, Gengis Khan gli trafisse il petto. Sgorgò un fiotto di sangue e l’animale cadde ai suoi piedi senza vita. 

Ora il filo d’acqua si era prosciugato. Deciso a placare la sua sete, il grande condottiero si arrampicò sulla roccia in cerca della fonte. Con grande sorpresa, scoprì che nella pozza d’acqua c’era un serpente morto, uno dei più velenosi. Comprese allora perché il suo adorato falco aveva voluto impedirgli di bere. “Voleva salvarmi la vita e l’ho ripagato con la morte. Ho imparato una triste lezione oggi.... ”